Io gioco, tu giochi, lei gioca, noi facciamo musica

Ma quando si gioca, cosi si fa? E perchè è così importante? E come faccio a dire che qualcosa è un gioco e qualcos’altro no? E quando faccio musica con i bambini? E’ un gioco?

Eeeeeh! Ma quante domande!

Vediamo un po’: quando si gioca si prende confidenza con la vita in uno spazio sicuro, è importante perchè così si impara, il gioco ha delle caratteristiche intrinseche evidenti, sì fare musica è anche giocare.

Come racconta in modo splendido Stuart Brown nel suo “Gioca!” e anche in un TEDX ormai famosissimo (che puoi vedere qui, a patto che poi torni a leggere questo articolo 😁), giocare è molto più di semplice divertimento, è un’attività di importanza vitale che ci accompagna – unica specie animale – in modo consistente fino ai 15 anni circa, ma poi continua anche nella nostra maturità, seppure con caratteristiche e finalità un po’ diverse.

Il gioco infantile, in particolare, riveste un’importanza enorme perchè è un po’ come un campo di prova in cui i bambini possono testare se stessi e gli altri senza timori, senza pericoli e nella massima reciproca libertà. Testano i meccanismi di azione e reazione, le risposte, le emozioni, i limiti e le possibilità. E’ una specie di campo di provasereno, sicuro e divertente.

Nel gioco, le parti si sintonizzano, come in una danza – come quando si fa musica, mi piace dire – attraverso segnali che si mandano di continuo, esplorando le possibilità che si presentano un passo dopo l’altro.

E lo fanno senza alcuno scopo se non quello del gioco stesso: se ci fosse na finalità più importante, questa prenderebbe il sopravvento e non sarebbe più gioco puro.

E quando facciamo musica in modo attivo con i bambini? Davvero giochiamo? Sì, davvero. Perchè chissà, magari la nostra finalità ultima – in particolare se stiamo applicando un qualche metodo pedagogico – può essere una cosa specifica (ad esempio “sviluppare l’intonazione”), ma nel qui e ora, durante il tempo ristretto della canzone che fa da colonna sonora a quella attività, stiamo giocando. Non abbiamo altro scopo se non quello di cantare / ballare / muoverci / inventare pattern / inventare rime / esplorare le possibilità musicali del qui e ora e questo, colleghe, è ciò che significa giocare.

Giocare è “fare finta di”, è “provare a” senza timore di sbagliare, è “andar per tentativi” finché non si trova la propria strada, osservando e assorbendo – e capendo attraverso il gioco – anche quello che fanno gli altri.

Questo vale anche per le emozioni: la musica, lo sappiamo, è un potentissimo veicolo di emozioni. Può essere, ad esempio , che alcuni bambini si commuovano durante la ninnananna o si sentano frustrati in qualche situazione (accidenti, non riesco a trovare la rima e ci rimango male!) o si arrabbino in qualche momento (volevo io il tamburooooo!).

Capita.

Ma anche questi momenti servono, e poiché capitano mentre stiamo giocando, alla fine supportano anche l’apprendimento “emotivo”.

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